Uno studio di fase 2, in doppio cieco, ha dimostrato l'utilità di un biomarcatore specializzato nel monitorare l'effetto di un farmaco sul carico di amiloidi nel cervello dei pazienti con malattia di Alzheimer.
Utilizzando la tomografia a emissione di positroni ( PET ) con 11C-PiB ( Pittsburgh Compound B ) [ 11C-PiB PET ], lo studio ha mostrato che il trattamento con Bapineuzumab, un anticorpo monoclonale anti-beta-amiloide, ha comportato una riduzione del 25% dei depositi di beta-amiloide in varie regioni del cervello rispetto al placebo.
La tecnica offre la possibilità di testare in modo più diretto l'ipotesi beta-amiloide, confermando la capacità di un particolare farmaco di ridurre o prevenire l'accumulo di beta-amiloide e di valutare l'impatto sugli esiti clinici.
È la prima volta che un farmaco per il trattamento della malattia di Alzheimer ha dimostrato di avere un effetto sui cambiamenti patologici cerebrali ( es le placche amiloidi ), su pazienti in vita.
Tuttavia, anche se lo studio è stato in grado di dimostrare l'utilità del biomarcatore 11C-PiB, non èaveva le dimensi per valutare l'efficacia clinica o altri esiti.
Lo studio è stato condotto in 3 Centri clinici ( 2 nel Regno Unito e 1 in Finlandia ) nel periodo 2005-2009.
I pazienti eleggibili avevano tra i 50 e gli 80 anni, soddisfacevano i criteri di probabile malattia di Alzheimer e avevano accumuli di beta-amiloide nel range previsto.
I pazienti sono stati randomizzati a ricevere per via endovenosa Bapineuzumab ( n=20 ) oppure placebo ( n=8 ) in uno dei 3 gruppi di dosaggio: 0.5, 1.0 o 2.0 mg/kg.
Tutti i pazienti randomizzati hanno ricevuto almeno una dose di Bapineuzumab oppure placebo, e sono stati inclusi nell'analisi dei dati di sicurezza.
Il farmaco in studio è stato somministrato in infusione endovenosa di un’ora ogni 13 settimane fino a 6 infusioni.
Le scansioni di 11C-PiB PET sono state eseguite allo screening e alle settimane 20, 45 e 78.
Sono state valutate 6 regioni corticali predefinite: corteccia cingolata anteriore, cingolata posteriore e corteccia frontale, temporale, parietale e occipitale.
È stata quindi calcolata la media di tutte le 6 regioni.
I pazienti sono stati sottoposti anche a risonanza magnetica, a valutazioni di funzione cognitiva e a indagini di laboratorio.
Lo studio ha dimostrato che il tasso medio di ritenzione di 11C-PiB stimato è diminuito di 0.09 nel gruppo Bapineuzumab ( P=0.014 ), che rappresenta un calo dell’8.5% rispetto al valore basale di 2.06.
Allo stesso tempo, il tasso medio di ritenzione di 11C-PiB è aumentato di 0.15 nel gruppo placebo ( P=0.022 ), che rappresenta un aumento del 16.9% rispetto al valore basale del gruppo pari a 1.89.
La differenza media stimata di trattamento con 11C-PiB tra il gruppo Bapineuzumab e il gruppo placebo è stata pari a -0.25 dopo aggiustamento per il punteggio basale ottenuto ai test neuropsicologici, valutazione clinica della demenza secondo il punteggio alla scala CDR-SB ( Clinical Dementia Rating Sum of Boxes ) e la ritenzione media di 11C-PiB.
Questo indica che Bapineuzumab è associato ad una riduzione del 25% del beta-amiloide in forma fibrillare a livello corticale nell’arco di 78 settimane rispetto al placebo.
Le differenze nel tasso di ritenzione di 11C-PiB tra il gruppo Bapineuzumab e il gruppo placebo sono risultate simili per tutte le 3 dosi del farmaco testate.
Potrebbero esserci maggiori differenze con un trattamento prolungato.
Gli eventi avversi riportati in almeno il 10% dei pazienti nel gruppo di trattamento sono stati: cefalea, stanchezza, diarrea, infezioni delle vie urinarie, cadute, abrasioni e spasmi muscolari.
Gli eventi avversi sono stati in genere transitori e da lievi a moderati; 2 pazienti nel gruppo Bapineuzumab con dose più alta hanno manifestato edema cerebrale vasogenico transitorio, che si è risolto dopo sospensione del trattamento. ( Xagena2010 )
Fonte: Lancet Neurology 2010
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