Molti farmaci antipertensivi sono anche utilizzati come profilassi per il mal di testa, ma la relazione tra la pressione del sangue e il mal di testa non è chiara.
Un gruppo di Ricercatori norvegesi ha condotto uno studio con l’obiettivo di valutare la relazione tra la pressione del sangue e la prevalenza di cefalea e l’effetto del trattamento antipertensivo su questa relazione, utilizzando sia dati cross-sezionali che dati prospettici da una popolazione di ampie dimensioni.
Sono stati utilizzati i dati di due grandi studi epidemiologici, il Nord-Trondelag Health Survey 1984-1986 ( HUNT-1 ) e 1995-97 ( HUNT-2 ), per valutare la relazione tra la pressione sanguigna ( sistolica, diastolica, arteriosa media, e pressione differenziale ) sulla cefalea emicranica e non-emicranica.
Un aumento della pressione sistolica è risultato associato ad una diminuzione della prevalenza di cefalea non-emicranica e di emicrania.
Il dato più consistente e robusto, comunque, è che l’aumento della pressione differenziale è risultato collegato a una diminuzione della prevalenza sia di cefalea non-emicranica che di emicrania, evidente in entrambi i sessi nelle analisi prospettiche e cross-sezionali.
Nei soggetti in terapia con farmaci antipertensivi questi risultati erano meno chiari.
In conclusione, sia l’aumentata pressione sistolica sia l’aumentata pressione differenziale sono risultate correlate a rigidità arteriosa e possono ridurre la prevalenza della cefalea mediante la modulazione dell’arco baroriflesso che genera ipoalgesia.
Questo è dovuto a un fenomeno chiamato ipoalgesia associata a ipertensione.
Si ritiene che la stimolazione dell’arco baroriflesso in risposta a un aumento di pressione sanguigna inibisca la trasmissione del dolore sia a livello spinale sia sopraspinale, probabilmente a causa di un’interazione dei centri che modulano la nocicezione e i riflessi cardiovascolari nel tronco cerebrale. ( Xagena2008 )
Tronvik E et al, Neurology 2008; 70: 1329-1336
Neuro2008