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Nuovi approcci terapeutici alla malattia di Alzheimer


Un medico tedesco nel 1097 descrisse per la prima volta il caso di un donna di 51 anni con una malattia sconosciuta, caratterizzata da depressione ed allucinazioni e declino progressivo delle funzioni cerebrali. All’autopsia emersero atrofia della corteccia cerebrale e filamenti tra le cellule nervose. Nel 1910 il neuropsichiatra Emil Kraepin propose di chiamare questa nuova malattia con il nome di colui che l’aveva descritta per la prima volta, Alzheimer.
Le persone colpite dalla malattia perdono la memoria e successivamente diventano totalmente dipendenti dagli altri, richiedendo assistenza anche per le più semplici operazioni come lavarsi, vestirsi, mangiare.

In Italia le persone con malattia di Alzheimer sono circa 500.000 e la malattia ha esordio a partire dai 60 anni.

Esistono due forme della malattia di Alzheimer, la forma sporadica e la forma familiare.
Nelle cellule nervose di questi pazienti è stato osservato un accumulo di sostanze, tra cui la proteina amiloide.
Sotto l’aspetto genetico sarebbero coinvolti 4 geni:
il gene per la proteina amieloide ( APP) , il gene per la presenilina 1 ( PS-1) e della presenilina 2 ( PS-2), ed il gene ApoE.

I principali fattori di rischio della malattia di Alzheimer sono: età, storia familiare, lesioni cerebrali, basso grado di istruzione.

Non esistono ad oggi terapie risolutive e l’unico trattamento disponibile, anche se di limitata efficacia, è quello dell’inibizione dell’acetilcolinesterasi, un enzima che inibisce l’acetilcolina, un neurotrasmettitore coinvolto nelle funzioni cognitive. I farmaci anticolinergici in commercio sono: Tacrina, Donepezil, Rivastigmina.

E’ stato ipotizzato che alla base della malattia ci possa essere uno stato infiammatorio.
Il National Institute on Aging ( NIH, Usa) ha promosso uno studio , ADAPT ( The Alzheimer’s Disease Anti Inflammatory Prevention Trial) per verificare l’efficacia dei farmaci anti-infiammatori ( Naprossene, Cele coxib) nella malattia di Alzheimer.

Sta per entrare in fase clinica II il vaccino di Elan Pharmaceuticals , conosciuto anche con la sigla AN-1792, costituito dalla proteina amiloide 42.
Studi su animali hanno mostrato che la somministrazione della proteina amiloide era in grado di produrre una reazione immunitaria tale da eliminare la formazione di placche contenenti amiloide.

Il 5 aprile del 2001 presso l’University of California al San Diego School of Medicine. È stata compiuta un’operazione che potrebbe passare alla storia.
Ad una donna di 60 anni sono state impiantate nel cervello cellule geneticamente modificate in modo da liberare il Nerve Growth Factor ( NGF) .
Studi su animali hanno dimostrato che l’infusione di NGF è in grado di prevenire la morte dei neuroni.


Carlo Franzini


Xagena2001


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