La leucoaraiosi è associata a un aumentato rischio di ictus, ma il meccanismo di base rimane incerto, così come le associazioni con altri fattori di rischio, come la malattia carotidea.
È stato determinato il ruolo della malattia carotidea e di altre variabili cliniche nello sviluppo della leucoaraiosi per definire il loro contributo a un maggiore rischio di ictus.
È stata studiata in modo prospettico un'ampia coorte di pazienti con attacco ischemico transitorio ( TIA ) e ictus minore che sono stati ricoverati in una clinica per l’attacco ischemico transitorio tra il 2002 e il 2009.
Sono stati ottenuti dati clinici dettagliati e i pazienti sono stati sottoposti a risonanza magnetica del cervello e vascolare.
È stata valutata la gravità della leucoaraiosi con l'uso del punteggio ARWMC ( Age Related White Matter Changes ): sono stati studiati 671 pazienti ( 374, 56% uomini; età media 71 anni ), di cui 415 ( 62% ) avevano leucoaraiosi.
In un'analisi multivariata, la leucoaraiosi è stata associata con l'aumentare dell'età ( P minore di 0.0001 ) e con l’ipertensione ( P=0.01 ), così come la presenza di infarto acuto ( P minore di 0.0001 ) e cronico ( P=0.014 ) alla risonanza magnetica.
In un’analisi univariata, anche una diagnosi attuale e passata di ictus versus attacco ischemico transitorio ha mostrato una forte associazione.
La patologia carotidea non era associata alla leucoaraiosi, anche in presenza di una stenosi o occlusione limitante il flusso ( più del 70% ) e i profili di fattore di rischio per leucoaraiosi e patologia carotidea sono risultati differenti.
In conclusione, l'associazione con più gravi eventi ischemici ( ictus versus attacco ischemico transitorio ) e infarto all'imaging è coerente con la leucoaraiosi come marker di maggiore suscettibilità all'ischemia cerebrale.
Per contro, la presenza, la gravità e i fattori di rischio per la malattia ateromasica non hanno mostrato alcuna associazione con la leucoaraiosi, indicando che si tratta di due processi patologici indipendenti. ( Xagena2013 )
Schulz UG et al, J Am Heart Assoc 2013; 2: e000261
Neuro2013