C’è sempre più evidenza a sostegno dell’ipotesi che il ferro sia coinvolto in diverse malattie neurodegenerative.
La neuroferritinopatia e l’atassia di Friedreich sono associate a mutazioni nei geni, che codificano proteine che sono coinvolte nel metabolismo del ferro.
Il ferro si accumula nel cervello in funzione dell’età, particolarmente nelle regioni che sono coinvolte nella malattia di Alzheimer e nella malattia di Parkinson.
La malattia di Parkinson è associata ad un aumentato accumulo di ferro nella substantia nigra.
Il ferro provocherebbe un danno cellulare mediante diversi meccanismi: aumento della formazione di ROS ( specie reattive dell’ossigeno ), incremento dello stress ossidativo e dell’aggregazione proteica ( alfa-sinucleina ).
Nella malattia di Alzheimer, l’accumulo di ferro nel cervello avviene senza il normale aumento correlato all’età della ferritina, con un incremento dello stress-ossidativo.
Inoltre, il ferro potrebbe intervenire anche direttamente sulla formazione della placca attraverso i suoi effetti sul processamento della proteina precursore dell’amiloide.
Una nuova strategia terapeutica nel trattamento della malattia di Parkinson, della malattia di Alzheimer e di altri disordini neurodegenerativi, che hanno alla base un’alterazione del metabolismo del ferro, è rappresentata dai chelanti del ferro. ( Xagena2004 )
Zecca L et al, Nature Reviews Neuroscience 2004, 5: 863-873
Neuro2004